Il guerriero dell’amore di Dio: la storia di don Bruno Ferrero
Si chiamava Girolamo, ma il suo cognome, Emiliani, a Venezia era famoso. La famiglia Emiliani era una delle più nobili e ricche della città. Girolamo era rimasto orfano del papà a 10 anni, ed era cresciuto rissoso e disubbidiente. La sua più grande passione erano le armi. Sognava grandi avventure cavalleresche e trascurava lo studio. I duelli che scoppiavano frequentemente lo vedevano sempre tra ì protagonisti. Era anche uno dei più temuti, perché era diventato uno spadaccino infallibile.
Un giorno prese la decisione che avrebbe segnato la sua vita. Si presentò alla madre e disse: «Ho riflettuto a lungo, voglio arruolarmi, voglio intraprendere la carriera militare».
«Come farai, figlio mio, proprio tu che non hai mai voluto obbedire?».
«La carriera mi permetterà di farmi onore e con il mio valore accrescerò la gloria della nostra famiglia».
La vita di caserma era dura, ma il giovane Emiliani si impose per il coraggio e il desiderio di fare carriera. A 24 anni era già capitano. Proprio in quell’anno, 1510, Francia e Austria dichiararono guerra alla Repubblica di Venezia.
Il capitano Emiliani fu incaricato di difendere con trecento uomini la fortezza di Quero, che dominava uno stretto passo del fiume Piave.
Nell’estate del 1511, la fortezza di Quero fu investita dalle forze francesi. Il capitano Emiliani e i suoi uomini la difesero con tutte le loro forze, ma la fortezza cadde e tutti i difensori furono fatti prigionieri. Girolamo fu spogliato, rivestito di un sacco e incatenato in un sotterraneo buio e umido. Per un mese fu lasciato con un po’ d’acqua e mezza pagnotta. Fiaccato nel fisico e nel morale cominciò a pensare alla morte, che tante volte aveva sfidato con le armi in pugno.
«Finirò dannato per l’eternità, Signore. Come posso sperare nel tuo perdono? Vergine Maria, che mia madre mi ha insegnato fin da bambino a invocare nei momenti di difficoltà, salvami!».
Rimase in ginocchio a pregare per diverse ore. Poi una voce lo chiamò.
«Girolamo, Girolamo!».
«Chi mi chiama?».
In una luce abbagliante le apparve la Vergine Maria.
«Coraggio, Girolamo! La tua implorazione è stata accolta ed esaudita», disse Maria. In quell’istante le catene che lo tenevano prigioniero si spezzarono. La Madonna gli porse una chiave dorata: «Prendi questa chiave, Girolamo. Ti permetterà di aprire le porte della prigione e tornare libero. Ma ricordati di mantenere tutto quello che hai promesso».
La visione scomparve e la cella piombò nel buio. Girolamo pensò ad una allucinazione, ma la sua mano stringeva la chiave e le catene erano spezzate.
Provò la chiave, il pesante portone si aprì cigolando. Si caricò sulle spalle le catene: «Le porterò davanti all’immagine della Madonna nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Treviso», pensò.
Guardingo, rasentando i muri, Girolamo si allontanò indisturbato. Ma alcune ore dopo si trovò il cammino sbarrato da un accampamento di soldati francesi.
Angosciato si buttò in ginocchio. «Vergine Maria, non mi abbandonare proprio adesso», implorò.
La grande luce gli riapparve accanto.
«Sono qui, Girolamo. Non ti ho abbandonato. Dammi la tua mano e non avere paura», disse Maria.
Tenendo per mano la Madonna, Girolamo attraversò il campo dei nemici. Nessuno si accorse di lui. Quando fu in salvo la Madonna scomparve e Girolamo arrivò sano e salvo a Treviso e posò le catene della sua prigionia e della sua vita passata davanti all’altare della Madonna dove sono conservate ancora oggi.
Molte altre avventure attendevano ancora Girolamo Emiliani, che divenne un grande santo, protettore dei poveri e dei piccoli, fondatore dell’Ordine religioso dei Somaschi.
Il pensiero di mamma e papà
Siamo tutti prigionieri di qualcosa. Siamo prigionieri del nostro orgoglio, dei nostri istinti, della nostra impulsività, del nostro temperamento, dei nostri difetti, di abitudini o di amicizie che ci condizionano. Abbiamo bisogno, come san Girolamo, della chiave che apre la porta della nostra prigione e spezza le nostre catene. Una chiave che si chiama «volontà di conversione», voglia di cambiare davvero. Siamo tutti un capolavoro incominciato da Dio: tocca a ciascuno di noi decidere o no se portarlo a termine. Maria vuole aiutarci. Dovremmo pregare come san Girolamo: «Vergine Maria, non mi abbandonare proprio adesso». La risposta di Maria sarà certamente la stessa: «Sono qui, figlio mio, non ti ho abbandonato. Dammi la tua mano e non avere paura».
Paciocchiamo
Dai giochiamo!
Per essere più buoni
“Prendere di mira per tutto il giorno il difetto che dispiace di più”
Preghiamo insieme
Santa Vergine Maria,
tu che hai saputo dire a Dio
il «sì» più perfetto,
insegnaci a non essere pagine scarabocchiate,
ma pagine bianche,
sulle quali, ogni giorno, lo Spirito di Dio
possa disegnare
le meraviglie che compie in noi.