9 giugno 2025, anniversario della consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice: l’indulgenza Giubilare, un supplemento di misericordia

Articolo a cura di InfoANS.

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La Basilica di Maria Ausiliatrice, essendo in questo anno 2025 Chiesa Giubilare, ha voluto ricordare l’anniversario della sua consacrazione, 9 giugno 1868, come ha spiegato il Rettore don Michele Viviano nell’introdurre la serata, con l’invito di Monsignor Krzysztof Nykiel, reggente della Penitenzieria Apostolica vaticana, che ha tenuto una conferenza la sera di sabato 7 giugno e presieduto la concelebrazione eucaristica domenica 8 giugno alle ore 9.30 con la presenza dell’ispettore don Leonardo Mancini, oltre a quella dei confratelli, e animata nel canto dalla magnifica corale della Basilica diretta dal M° don Maurizio Palazzo.

Indulgenza: dono giubilare è stato il tema dell’incontro. A presentarlo e a guidare la serata di sabato è stato invitato il prof. Don Salvatore Vitiello, docente di teologia dogmatica nell’Università Cattolica di Milano e Piacenza. Mons. Krzysztof nelle sue vesti di presidente del tribunale della Penitenzieria Apostolica, ha spiegato che questa, oltre a considerare le colpe molto gravi che non possono essere assolte nel modo ordinario, si occupa appunto del dono delle indulgenze.

Proprio a partire da questo aspetto, Mons. Nykiel ha in qualche modo dato il “la” al suo intervento spiegando chiaramente che la Penitenzieria Apostolica è un tribunale che però non condanna nessuno, e che può emanare solo sentenze di assoluzione per aiutare i fedeli che la ricercano. Esso va inteso come un tribunale della misericordia, e per ottenerla ciò che conta è il desiderio di vivere una vita bella, di dono e di impegno per gli altri.

Su questa linea, Mons. Krzysztof Nykiel ha ribadito con forza che l’indulgenza plenaria non può prescindere dalla dimensione interiore e volontaria della contrizione e del desiderio di conversione del cuore, contro ad un pregiudizio che tende a vederla come un meccanismo in qualche modo esteriore ed automatico.

Che cos’è dunque realmente l’indulgenza? Nykiel non ha taciuto che nei secoli a partire dal Medioevo ci sono stati anche abusi e ingenuità che hanno portato alla disaffezione per quello che è stato visto come il risultato di una mentalità contabile e non evangelica, una sorta di automatismo incapace di cambiare realmente la vita. Tuttavia, questa pratica ha avuto una netta ripresa a partire dal duemila sulla base di una più autentica comprensione di questo dono che è compimento della misericordia di Dio e che proprio per questo richiede essenzialmente che il fedele detesti sinceramente ogni tipo di peccato, anche quello veniale; l’unico possibile alveo vitale in cui l’indulgenza si deve radicare è infatti la contrizione del cuore.

È stato Paolo VI a rinnovare questa intera materia con l’enciclica Indulgentiarum doctrina che, adeguandosi alla novità portata dal Concilio Vaticano II, ha per esempio abolito la tradizionale misura in giorni, mesi e anni dell’indulgenza parziale, per far emergere in modo decisivo il ruolo dell’impegno personale del penitente, rinforzare il senso della partecipazione alla comunione dei santi, ristabilire il fondamento dell’indulgenza sulla carità e sullo spirito di preghiera.

Al centro del discorso è stato poi l’Enchiridion indulgentiarum che, nella sua quarta edizione del 1999, è oggi la nostra guida sul tema. Se l’indulgenza è la remissione davanti a Dio della pena temporale per i peccati già rimessi quanto alla colpa, quali sono le sue condizioni secondo questo testo? Sicuramente le tre ben note (confessione sacramentale, comunione eucaristica, preghiera secondo le intenzioni del Pontefice), ma ad esse ne va aggiunta una quarta altrettanto essenziale che è la sincera avversione verso ogni peccato, anche veniale, la volontà di combattere ogni peccato, insomma una sincera contrizione del cuore. Dunque, anche la pena del peccato è da intendere in senso meno giuridico e più esistenziale e personale: il disordine che arreca ogni peccato è una ferita alla Chiesa e proprio la Chiesa libera da queste ferite il nostro cuore. L’indulgenza, quindi, non è concepibile senza un’intensa vita sacramentale del singolo fedele, in particolare nell’Eucarestia e nella Riconciliazione, canali ordinari della Grazia e quindi anche effettive condizioni per ottenere l’indulgenza plenaria.

A ribadire ulteriormente la centralità del pentimento interiore e della volontà del fedele per ottenere l’indulgenza, Nykiel ha poi ricordato quattro possibilità molto meno note, ma previste nell’Enchiridion, per ottenere ordinariamente l’indulgenza parziale, possibilità che sottolineano anch’esse l’importanza della preghiera costante e dell’offerta delle proprie fatiche quotidiane.

La dottrina dell’indulgenza, insomma, se leggiamo i documenti con cui la Chiesa l’ha formulata, non ci spinge a cercare di ottenere automaticamente una remissione dei peccati intesa in mero senso esteriore e giuridico ma, molto più profondamente, ci spinge a cercare ancora e sempre di essere sempre più volto di Cristo per i fratelli, attraverso i sacramenti e la preghiera del cuore.