Mostra di Presepi
20° Esposizione
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Il Museo della “Devozione Mariana”, della Basilica di Maria Ausiliatrice in Torino, è stato voluto dal Rettor Maggiore dei Salesiani Don Paolo Albera nel 1918, a 50 anni dalla consacrazione della Basilica di Maria Ausiliatrice, costruita da Don Bosco; doveva essere una testimonianza di fede e di riconoscenza alla Madonna per le tante grazie concesse ai suoi devoti. Dopo le vicende dolorose delle due guerre mondiali (1915-1918 e 1940-1945), che hanno portato rovine e perdite, nel 1978 il Museo viene arricchito ed ampliato dal numeroso materiale museale raccolto dal salesiano Don Pietro Ceresa, proveniente dall’Istituto di Bologna. Don Ceresa ha avuto il grande merito di aver organizzato e migliorato l’esposizione dei vari oggetti di valore secondo un itinerario di indirizzo mariano, con l’intento di mettere meglio in evidenza la vita della Madonna, la devozione del popolo cristiano, i dati caratteristici di tanti Santuari mariani sparsi nel mondo. Inoltre ha curato, in determinate date dell’anno, esposizioni e mostre di carattere culturale, artistico e religioso. Tra le tante Mostre realizzate, le meglio riuscite sono certo le Mostre di Presepi provenienti da ogni parte del mondo, di tutte le fogge e dimensioni.
Dopo Don Pietro Ceresa, mancato il 19 Aprile del 1997, la bella tradizione di allestire, nel periodo natalizio, la grande Mostra di Presepi è continuata, per la gioia non solo dei bambini, ma anche nell’apprezzamento del grande pubblico, sempre numeroso ed entusiasta. Preziosa è stata la collaborazione di tanti amici volontari, specializzati in ogni pur umile attività necessaria per la realizzazione delle singole Mostre. Impressionanti sono l’amore, la passione, l’ingegnosità, la fantasia dei Presepisti di ogni età e condizione, sempre entusiasti nel progettare e nel realizzare modelli nuovi, per rendere omaggio al Bambino Gesù, e alla santa Famiglia di Nazaret nell’evento della Natale.
Con il Natale 2019, la Mostra dei Presepi taglia il traguardo non trascurabile della ventesima edizione; da venti anni, da una generazione, offre ad una folla di persone, piccoli e grandi, la gioia di vivere in serenità e letizia il Natale, la festa della nascita di Gesù. Ci auguriamo di tutto cuore che questa bella tradizione abbia a prolungarsi negli anni a venire e, se possibile, a diventare sempre più splendida, per la gioia di tutti!
A cura di Guido Moro
Il presepe in Piemonte vive una situazione particolare: nella regione subalpina non esiste una storica scuola di presepisti – come a Napoli o in Puglia, in Sicilia, in Toscana ed anche in altre regioni (ciò non toglie che esistano bravi artigiani, o semplici appassionati, produttori di ottime statuine nei materiali più vari) – tuttavia l’allestimento del presepe è da molto tempo una pratica diffusa, sia nei luoghi di culto che nelle famiglie. Inoltre, in molti comuni è in sensibile ripresa il filone dei presepi viventi, in cui i personaggi sono rappresentati dagli abitanti del posto. Non bisogna poi dimenticare le antiche rappresentazioni della Natività nelle cappelle dei Sacri Monti.
Parlando dei classici presepi realizzati con le statuine, in Piemonte vengono allestiti sia i presepi palestinesi – in cui i personaggi e l’ambientazione cercano di rappresentare gli abitanti, il loro abbigliamento, le case, gli animali e gli ambienti tipici della Palestina dei tempi di Gesù – sia i presepi popolari, dove invece i personaggi (esclusi quelli della Natività) sono i popolani che spesso vestono secondo le usanze locali o del periodo storico, in particolare quelle tra ‘800 e ‘900, ed anche l’ambiente può essere del posto. Sono presepi in cui la rappresentazione dei mestieri è decisamente più ampia rispetto a quelli palestinesi.
Vengono allestiti nei modi più vicini al sentire e alla cultura della gente, costruiti (più in passato) anche per dar vita ad un viaggio misterico attraverso personaggi e oggetti dal marcato significato simbolico (oggi purtroppo poco conosciuto). Sin quasi alla metà del Novecento, nella maggior parte dei presepi piemontesi era presente la statuina «piemontese» per eccellenza, cioè Gelindo, personaggio tratto dall’omonima opera teatrale che ancora in quegli anni veniva rappresentata in molte località, ed addirittura nelle stalle da contadini attori.
Gelindo è un contadino benestante, ma era definito «pastore» perché in passato in Piemonte tutti i personaggi del presepe (esclusi quelli della Natività e dell’Epifania) venivano chiamati «pastori». A fianco di Gelindo capitava comparissero le statuine del servo Maffeo, nonché quelle della moglie Alinda e della figlia Aurelia. Gelindo veniva collocato vicino alla sua casa (in primo piano nel presepe), oppure tra i Pastori in Cammino verso la capanna della Natività. Il suo abbigliamento e la sua stessa figura non erano codificati, per cui esistevano diverse interpretazioni. Peraltro, in statuine di fine Ottocento e inizio Novecento, ed anche in varie stampe dell’epoca, il personaggio compare vestito con una lunga giacca di panno verde, calzoni marrone chiusi sotto il ginocchio, calzettoni di lana, cappello a tese larghe alzato in segno di saluto. In spalla porta una cesta con ricotta e mascarpone che venderà al mercato, poiché i regali per Gesù Bambino li portano Maffeo, Alinda e Aurelia. È raffigurato con la testa rivolta all’indietro a testimonianza della sua preoccupazione nel lasciare la casa e i suoi averi.
Questo «vero» Gelindo ha avuto uno strano destino: da statuina più rappresentativa del presepe piemontese, è diventata sempre più rara sino a scomparire già nella seconda metà del Novecento (stessa sorte hanno subito le statuine di Maffeo, Alinda e Aurelia).
Oggi Gelindo è erroneamente sostituito dalla statuina del pastore con la pecora sulle spalle, anche perché la versione originale è praticamente introvabile. A fianco di Gelindo si collocavano (e si usano tuttora) le classiche statuine che si potevano comperare nei negozi e nei mercati (oltre a quelle ereditate), spesso provenienti dalle botteghe del centro e del sud Italia o dall’estero (in particolare dalla Provenza e dalla Germania).
Però succedeva che, o per l’esistenza di un produttore locale di statuine o per iniziativa di qualche privato appassionato di presepi, venissero create statuine di personaggi nei costumi festivi locali (soprattutto femminili), oppure statuine rappresentative di mestieri particolari (ad esempio l’ombrellaio del Vergante sul lago Maggiore, lo spazzacamino del Verbano o della valle dell’Orco, il venditore di ceramiche a Castellamonte e a Mondovì, il cappellaio ad Alessandria, il vignaiolo nell’Astigiano e nel Cuneese, i venditori di acciughe in val Maira). In assenza di una scuola presepistica locale, i presepi allestiti in Piemonte sono stati (e sono ancor più oggi) i più diversi e fantasiosi.
Con l’immigrazione dal sud la varietà si è ulteriormente allargata in termini di scene e personaggi. In compenso, alcune vecchie statuine dei presepi piemontesi sono scomparse (oltre a quelle già citate), in particolare l’Angelo dell’Annuncio, un tempo posto vicino alla capanna dei pastori. È un fenomeno singolare, essendo uno dei pochi personaggi esplicitamente citati nel Vangelo di Luca in merito alla Natività.
Non ci sono pertanto formule particolari per creare un tradizionale presepe piemontese. Però ci sono alcune regole che andrebbero rispettate: un classico presepe piemontese è sobrio, dà poco spazio a danze, giocatori di carte o di dadi, a ubriachi in osteria; l’ambientazione deve richiamare paesaggi, case, cascine, botteghe, angoli del Piemonte. È consigliabile far indossare ai personaggi i costumi tradizionali (salvo si voglia realizzare una versione moderna, con gli abiti oggi di moda).
Chi porta doni a Gesù Bambino avrà tra le mani prodotti/oggetti piemontesi. L’idea di laboriosità, molto piemontese, può essere espressa attraverso numerosi personaggi che svolgono attività tipiche dei territori subalpini. La fantasia e il buon gusto faranno il resto.