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“Ridiamo un’anima a Torino”
/in Basilica en, News en /by admin4675Si pubblica qui di seguito l’articolo a cura di M. Lomunno per la redazione di “Avvenire”, edizione del 25 Maggio 2018, circa l’omelia dell’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, in occasione della celebrazione della Festa di Maria Ausiliatrice:
Maria Ausiliatrice
Nosiglia: ridiamo un’anima a Torino
Giovani e poveri: sono le persone a cui l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, ha affidato a Maria Ausiliatrice, nella festa liturgica celebrata ieri nella Basilica voluta da don Bosco e che quest’anno ricorda i 150 dalla consacrazione. Durante la concelebrazione, in mattinata, Nosiglia ha sottolineato che oggi, come nella Torino dell’Ottocento dove don Bosco insieme ai santi sociali cercava di dare sollievo e futuro a migliaia di indigenti e giovani fragili, «c’è bisogno di ridare un’anima alla nostra città». «Affidiamo a Maria Ausiliatrice anzitutto i giovani e il prossimo evento del Sinodo, che li vedrà protagonisti. I giovani sono purtroppo molto sfiduciati, perché non hanno voce nella società e vengono giudicati disimpegnati, senza ideali – ha proseguito l’arcivescovo –. La separatezza tra il mondo adulto e quello dei ragazzi e giovani è una delle criticità più preoccupanti della nostra società. Don Bosco non si limitava ad accoglierli, ma si faceva carico delle loro necessità, come quella educativa e quella della loro professione».
E poi la preoccupazione «per la crescente presenza di poveri nella nostra città: don Bosco, il Cottolengo, il Murialdo, la marchesa di Barolo ci insegnano che per dare risposte appropriate e permanenti bisogna abitare le periferie, conoscere e incontrare le persone che le vivono. Se si sta in mezzo alla gente, si comprendono meglio le loro concrete possibilità, per cui bisogna sporcarsi mani e piedi lì dove la gente affronta giorno per giorno tante sofferenze e si sente scartata o poco ascoltata e, soprattutto, non vede la fine del tunnel di povertà che sta percorrendo». Riflessioni che Nosiglia ha ripreso in serata quando, accanto al rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernàndez Artime, ha guidato la tradizionale e affollatissima processione con la statua di Maria Ausiliatrice per le vie di Valdocco. E in occasione del 150° dell’inaugurazione della Basilica, il rettor maggiore ha voluto donare all’arcivescovo e alla diocesi, alla città e a tutta la famiglia salesiana un volume fotografico (fuori commercio) in cinque lingue con testi del salesiano don Bruno Ferrero intitolato La città di don Bosco. «Un omaggio a Torino – ha detto – l’invito a una passeggiata per le sue strade con Don Bosco, sui suoi passi, fino alla sua “vera” città: i giovani d’oggi. Con la misura del suo cuore: il mondo intero».
“Ridiamo un’anima a Torino”
/in Basilica, News /by admin4675Si pubblica qui di seguito l’articolo a cura di M. Lomunno per la redazione di “Avvenire”, edizione del 25 Maggio 2018, circa l’omelia dell’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, in occasione della celebrazione della Festa di Maria Ausiliatrice:
Maria Ausiliatrice
Nosiglia: ridiamo un’anima a Torino
Giovani e poveri: sono le persone a cui l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, ha affidato a Maria Ausiliatrice, nella festa liturgica celebrata ieri nella Basilica voluta da don Bosco e che quest’anno ricorda i 150 dalla consacrazione. Durante la concelebrazione, in mattinata, Nosiglia ha sottolineato che oggi, come nella Torino dell’Ottocento dove don Bosco insieme ai santi sociali cercava di dare sollievo e futuro a migliaia di indigenti e giovani fragili, «c’è bisogno di ridare un’anima alla nostra città». «Affidiamo a Maria Ausiliatrice anzitutto i giovani e il prossimo evento del Sinodo, che li vedrà protagonisti. I giovani sono purtroppo molto sfiduciati, perché non hanno voce nella società e vengono giudicati disimpegnati, senza ideali – ha proseguito l’arcivescovo –. La separatezza tra il mondo adulto e quello dei ragazzi e giovani è una delle criticità più preoccupanti della nostra società. Don Bosco non si limitava ad accoglierli, ma si faceva carico delle loro necessità, come quella educativa e quella della loro professione».
E poi la preoccupazione «per la crescente presenza di poveri nella nostra città: don Bosco, il Cottolengo, il Murialdo, la marchesa di Barolo ci insegnano che per dare risposte appropriate e permanenti bisogna abitare le periferie, conoscere e incontrare le persone che le vivono. Se si sta in mezzo alla gente, si comprendono meglio le loro concrete possibilità, per cui bisogna sporcarsi mani e piedi lì dove la gente affronta giorno per giorno tante sofferenze e si sente scartata o poco ascoltata e, soprattutto, non vede la fine del tunnel di povertà che sta percorrendo». Riflessioni che Nosiglia ha ripreso in serata quando, accanto al rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernàndez Artime, ha guidato la tradizionale e affollatissima processione con la statua di Maria Ausiliatrice per le vie di Valdocco. E in occasione del 150° dell’inaugurazione della Basilica, il rettor maggiore ha voluto donare all’arcivescovo e alla diocesi, alla città e a tutta la famiglia salesiana un volume fotografico (fuori commercio) in cinque lingue con testi del salesiano don Bruno Ferrero intitolato La città di don Bosco. «Un omaggio a Torino – ha detto – l’invito a una passeggiata per le sue strade con Don Bosco, sui suoi passi, fino alla sua “vera” città: i giovani d’oggi. Con la misura del suo cuore: il mondo intero».
Un’allenza tra valori interiori, civili e spirituali, per ridare un’anima alla società intera: ecco l’appello di Nosiglia del 24 Maggio
/in Basilica, News /by admin4675Il tanto sospirato sole maggiaiolo splende su Torino e su Valdocco, oggi 24 maggio 2018. Fin dalle prime ore del mattino la Basilica Maria Ausiliatrice ha accolto, con un inebriante profumo di gelsomino finalmente fiorito, tutti coloro che desideravano omaggiare la Madre Maria durante la sua festa.
Alle ore 11 presso la Basilica si è svolta la S. Messa presieduta da S.E. mons. Cesare Nosiglia, trasmessa in Diretta TV: missionidonbosco.org e Telepace) e sulla Pagina Facebook di ANS-Agenzia Info Salesiana, che racconterà tutta la festa in diretta sul social network.
Qui di seguito l’omelia integrale dell’Arcivescovo Nosiglia che ha parlato del prossimo Sinodo dei Giovani, rilevando nuovamente le difficoltà degli stessi a collocarsi nel mondo e invita tutti ad “ascoltarli e a prendere sul serio i loro problemi e le loro osservazioni, a dare loro fiducia e semmai a sollecitarli nell’assumere compiti di responsabilità“; e per questo si sta svolgendo un lavoro instancabile della Diocesi nel creare una progettazione comune affinchè “le componenti del mondo del lavoro e della società” – ha spiegato il vescovo – “si rendano consapevoli che solo facendo rete è possibile affrontare i problemi dell’estesa disoccupazione giovanile che caratterizza il nostro territorio“. Lo sguardo poi si è posato, con l’affidamento a Maria Ausiliatrice, alla presenza di poveri in aumento in città e quindi ha esortato gli astanti ad “abitare” le periferie esistenziali e geografiche con “un supplemento di umanità e di giustizia, da parte di tutti” per affrontare e risolvere concretamente le tante condizioni di vita difficoltose e aiutare a scorgere la luce alla fine del tunnel della povertà. Ha proseguito poi con un’aspra denuncia alla crescente idolatria, trasversale a tutti i livelli della società, “dell’individualismo, che ricerca solo i propri interessi e tornaconti, a scapito degli altri, e la ricerca del proprio benessere a scapito della solidarietà nei confronti dei più poveri“. Sua Eminenza, dunque, ha auspicato un rinnovamento dello stile di vita di ciascuno “per ricuperare quei valori non commerciali e non redditizi, in termini di denaro o di benessere, che lo sono però in cultura, spiritualità ed etica, anche sociale oltre che individuale“. Un accorato appello a rinvigorire il legame con quel “patrimonio di valori che le generazioni precedenti hanno accumulato con sacrificio” e rinsaldare l’alleanza tra “valori interiori, civili e spirituali, per ridare un’anima non solo ai singoli, ma alla società intera, all’ambiente comunitario in cui vivono le persone e alla cultura dell’incontro e del sostegno reciproco, che tiene conto dell’apporto di ciascuno al bene comune“.
Omelia dell’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare NOSIGLIA,
alla S. Messa della FESTA DI MARIA AUSILIATRICE
“Questa festa, che ogni anno ci vede riuniti ai piedi di Maria Ausiliatrice come Chiesa di Torino e comunità cristiana e civile della Città, è per noi un grande momento di riconoscenza nei confronti della Madonna per quanto compie a favore della Chiesa e dell’umanità con la sua presenza di Madre amorevole e ricca di tenerezza e bontà verso i suoi figli, che Gesù le ha affidato dalla sua Croce. Il Vangelo ci ha ricordato proprio questo momento supremo della vita di Cristo e di Maria, sua madre: Gesù, prima di morire, la affida al discepolo prediletto, Giovanni, e affida Giovanni a Maria. Anche noi oggi affidiamo a Maria Ausiliatrice anzitutto i giovani e il prossimo evento del Sinodo, che li vedrà protagonisti. Chiediamo a Maria Ausiliatrice che benedica la prossima assemblea diocesana, che proprio sul tema del discernimento vocazionale, che sta al centro del Sinodo, promuoverà un’ampia riflessione in vista di un forte impegno, che dovrà investire tutte le nostre comunità ecclesiali, le famiglie e i giovani in prima persona. Don Bosco affermava che un giovane su tre ha nel cuore il desiderio di dedicare tutta la sua vita al Signore nel ministero sacerdotale o nella vita consacrata. E per questo invitava a pregare Maria Ausiliatrice, perché aiuti questi giovani ad avere il coraggio di rispondere positivamente a tale invito, che nasce dal Signore stesso che chiama.
I giovani sono purtroppo molto sfiduciati, perché non hanno voce nella società e vengono giudicati disimpegnati, senza ideali, per cui si lasciano accontentare dal divertimento, a volte anche trasgressivo. La separatezza tra il mondo adulto e quello dei ragazzi e giovani è una delle criticità più preoccupanti della nostra società. Don Bosco ci insegna ad avere uno sguardo e una considerazione diverse: ci invita ad ascoltarli e a prendere sul serio i loro problemi e le loro osservazioni, a dare loro fiducia e semmai a sollecitarli nell’assumere compiti di responsabilità. Allora, i giovani sono capaci di gesti e impegni di grande generosità e vigore sia spirituale che sociale. Don Bosco non si limitava ad accoglierli, ma si faceva carico delle loro necessità, come quella educativa e quella della loro professione.
Nell’Agorà del sociale, abbiamo fatto parlare direttamente i giovani, che hanno presentato le loro attese e difficoltà agli adulti e ai responsabili del mondo istituzionale, politico ed economico. Ora stiamo portando l’Agorà nei territori della diocesi, perché le varie componenti del mondo del lavoro e della società si rendano consapevoli che solo facendo rete è possibile affrontare i problemi dell’estesa disoccupazione giovanile che caratterizza il nostro territorio.
Affidiamo poi a Maria Ausiliatrice la crescente presenza di poveri nella nostra città. Essi rappresentano in questo momento i soggetti più deboli, per cui su di essi si concentra lo sforzo di tutta la diocesi. Sono in atto molteplici iniziative di accoglienza delle famiglie per la questione del lavoro, della salute e della casa; degli immigrati e dei rifugiati, sia adulti che minori; dei senza dimora, i quali restano purtroppo i più abbandonati a se stessi e verso i quali non si prendono provvedimenti concreti per migliorarne le condizioni di vita. L’incontro con loro sulla strada dove pernottano, nei dormitori per l’emergenza freddo e nelle mense, mi ha permesso di conoscerne molti e credo che un supplemento di umanità e di giustizia, da parte di tutti, potrebbe affrontare e risolvere tante delle loro condizioni di vita. I poveri stanno crescendo sempre più: le periferie esistenziali e geografiche delle nostre città non hanno superato l’abbandono che avevo denunziato a suo tempo, sia sul piano civile che culturale. Don Bosco, il Cottolengo, il Murialdo, la marchesa di Barolo ci insegnano che per dare risposte appropriate e permanenti bisogna “abitare” le periferie, nel senso di conoscere e incontrare le persone che le vivono. Se si sta in mezzo alla gente, si comprendono meglio le loro concrete possibilità, per cui bisogna sporcarsi mani e piedi lì dove la gente affronta giorno per giorno tante sofferenze e si sente scartata o poco ascoltata e, soprattutto, non vede la fine del tunnel di povertà che sta percorrendo.
Affidiamo infine a Maria Ausiliatrice la nostra città e la sua gente, perché sappiamo trovare insieme le vie più efficaci per sentirla come la nostra grande casa comune, di cui tutti e ciascuno abbiamo la responsabilità. C’è bisogno di ridare un’anima alla nostra città. Dice il Signore: «Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» (Mc 8,36). Nella prassi di questi ultimi decenni, nella nostra società sono prevalsi alcuni pseudo valori che hanno molto accentuato l’aspetto finanziario ed economico, a scapito dei valori veri e fondanti di ordine civile, culturale, spirituale ed etico. Quando una persona, una famiglia, un popolo perde la sua anima, fondata su questo patrimonio di valori che le generazioni precedenti hanno accumulato con sacrificio e hanno consegnato alle nuove, imbocca una strada che conduce a una crisi permanente, che non si arresta, perché si avvita su se stessa come una spirale soffocante. Allora, si assolutizzano l’idolo dell’individualismo, che ricerca solo i propri interessi e tornaconti, a scapito degli altri, e la ricerca del proprio benessere a scapito della solidarietà nei confronti dei più poveri.
Un tempo non lontano il nostro Paese era considerato un punto di riferimento proprio per la ricchezza e creatività della sua cultura, sia laica che religiosa, della sua tradizione, fondata sul rispetto di ogni persona, soggetto di diritti inalienabili e universali, insieme ai corrispondenti doveri etici e civili, da conservare e promuovere. Oggi tutto ciò sta venendo meno di fronte al primato del denaro e della vita comoda, che si vuole difendere ad oltranza anche contro chi chiede accoglienza e solidarietà, giustizia ed equità. La stessa realtà religiosa è stata inficiata da questa mentalità e prassi di vita, anche se, a piccoli passi, stiamo però assistendo a un grande movimento di opinione pubblica e di uomini e donne di buona volontà, che ribadiscono con fatti concreti il primato dello spirito e della ricerca – anche sul piano della fede – del dialogo con diverse realtà religiose e civili.
L’idea prevalente che, di fronte anche al terrorismo omicida, oltre alla condanna scontata basti continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, come se quanto accade siano incidenti da dimenticare il più presto possibile, non ci induce a riflettere e a interrogarci su come reagire, cambiando e rinnovando il nostro stile di vita, per ricuperare quei valori non commerciali e non redditizi, in termini di denaro o di benessere, che lo sono però in cultura, spiritualità ed etica, anche sociale oltre che individuale. Tutto ciò darebbe sempre più forza e farebbe breccia anche nell’animo di tanti giovani, delusi e alla ricerca di motivazioni e ideali forti e in grado di dare alla loro vita un senso meno superficiale e basato solo sul benessere materiale e sullo sballo, che producono alla fine soltanto noia e rifiuto di ogni responsabilità, disimpegno e chiusura in se stessi e in un mondo virtuale o creato apposta dalle tante forme di dipendenze che spopolano e promettono felicità a buon mercato.
Compito della Chiesa, ma anche di ogni ambito e realtà educativa, compresi i mass media, è di promuovere un’alleanza per favorire linee comuni di indirizzo, che riportino in primo piano la considerazione e l’accoglienza di stili di vita basati su valori interiori, civili e spirituali, per ridare un’anima non solo ai singoli, ma alla società intera, all’ambiente comunitario in cui vivono le persone e alla cultura dell’incontro e del sostegno reciproco, che tiene conto dell’apporto di ciascuno al bene comune.
A te, Maria Ausiliatrice, che guardi i tuoi figli e figlie che a te ricorrono con fiducia, rivolgiamo la nostra preghiera, affinché, con la tua potente intercessione, possa sempre effondere su questa Città, sulla diocesi e sul loro territorio la benedizione del tuo Figlio e le grazie che egli vorrà concedere a quanti a te ricorrono, o Avvocata di misericordia e dolce Madre, aiuto dei cristiani.”
Cesare Nosiglia
>>> Prossimi appuntamenti di oggi, 24 Maggio 2018:
Un’allenza tra valori interiori, civili e spirituali, per ridare un’anima alla società intera: ecco l’appello di Nosiglia del 24 Maggio
/in Basilica en, News en /by admin4675Il tanto sospirato sole maggiaiolo splende su Torino e su Valdocco, oggi 24 maggio 2018. Fin dalle prime ore del mattino la Basilica Maria Ausiliatrice ha accolto, con un inebriante profumo di gelsomino finalmente fiorito, tutti coloro che desideravano omaggiare la Madre Maria durante la sua festa.
Alle ore 11 presso la Basilica si è svolta la S. Messa presieduta da S.E. mons. Cesare Nosiglia, trasmessa in Diretta TV: missionidonbosco.org e Telepace) e sulla Pagina Facebook di ANS-Agenzia Info Salesiana, che racconterà tutta la festa in diretta sul social network.
Qui di seguito l’omelia integrale dell’Arcivescovo Nosiglia che ha parlato del prossimo Sinodo dei Giovani, rilevando nuovamente le difficoltà degli stessi a collocarsi nel mondo e invita tutti ad “ascoltarli e a prendere sul serio i loro problemi e le loro osservazioni, a dare loro fiducia e semmai a sollecitarli nell’assumere compiti di responsabilità“; e per questo si sta svolgendo un lavoro instancabile della Diocesi nel creare una progettazione comune affinchè “le componenti del mondo del lavoro e della società” – ha spiegato il vescovo – “si rendano consapevoli che solo facendo rete è possibile affrontare i problemi dell’estesa disoccupazione giovanile che caratterizza il nostro territorio“. Lo sguardo poi si è posato, con l’affidamento a Maria Ausiliatrice, alla presenza di poveri in aumento in città e quindi ha esortato gli astanti ad “abitare” le periferie esistenziali e geografiche con “un supplemento di umanità e di giustizia, da parte di tutti” per affrontare e risolvere concretamente le tante condizioni di vita difficoltose e aiutare a scorgere la luce alla fine del tunnel della povertà. Ha proseguito poi con un’aspra denuncia alla crescente idolatria, trasversale a tutti i livelli della società, “dell’individualismo, che ricerca solo i propri interessi e tornaconti, a scapito degli altri, e la ricerca del proprio benessere a scapito della solidarietà nei confronti dei più poveri“. Sua Eminenza, dunque, ha auspicato un rinnovamento dello stile di vita di ciascuno “per ricuperare quei valori non commerciali e non redditizi, in termini di denaro o di benessere, che lo sono però in cultura, spiritualità ed etica, anche sociale oltre che individuale“. Un accorato appello a rinvigorire il legame con quel “patrimonio di valori che le generazioni precedenti hanno accumulato con sacrificio” e rinsaldare l’alleanza tra “valori interiori, civili e spirituali, per ridare un’anima non solo ai singoli, ma alla società intera, all’ambiente comunitario in cui vivono le persone e alla cultura dell’incontro e del sostegno reciproco, che tiene conto dell’apporto di ciascuno al bene comune“.
Omelia dell’Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare NOSIGLIA,
alla S. Messa della FESTA DI MARIA AUSILIATRICE
“Questa festa, che ogni anno ci vede riuniti ai piedi di Maria Ausiliatrice come Chiesa di Torino e comunità cristiana e civile della Città, è per noi un grande momento di riconoscenza nei confronti della Madonna per quanto compie a favore della Chiesa e dell’umanità con la sua presenza di Madre amorevole e ricca di tenerezza e bontà verso i suoi figli, che Gesù le ha affidato dalla sua Croce. Il Vangelo ci ha ricordato proprio questo momento supremo della vita di Cristo e di Maria, sua madre: Gesù, prima di morire, la affida al discepolo prediletto, Giovanni, e affida Giovanni a Maria. Anche noi oggi affidiamo a Maria Ausiliatrice anzitutto i giovani e il prossimo evento del Sinodo, che li vedrà protagonisti. Chiediamo a Maria Ausiliatrice che benedica la prossima assemblea diocesana, che proprio sul tema del discernimento vocazionale, che sta al centro del Sinodo, promuoverà un’ampia riflessione in vista di un forte impegno, che dovrà investire tutte le nostre comunità ecclesiali, le famiglie e i giovani in prima persona. Don Bosco affermava che un giovane su tre ha nel cuore il desiderio di dedicare tutta la sua vita al Signore nel ministero sacerdotale o nella vita consacrata. E per questo invitava a pregare Maria Ausiliatrice, perché aiuti questi giovani ad avere il coraggio di rispondere positivamente a tale invito, che nasce dal Signore stesso che chiama.
I giovani sono purtroppo molto sfiduciati, perché non hanno voce nella società e vengono giudicati disimpegnati, senza ideali, per cui si lasciano accontentare dal divertimento, a volte anche trasgressivo. La separatezza tra il mondo adulto e quello dei ragazzi e giovani è una delle criticità più preoccupanti della nostra società. Don Bosco ci insegna ad avere uno sguardo e una considerazione diverse: ci invita ad ascoltarli e a prendere sul serio i loro problemi e le loro osservazioni, a dare loro fiducia e semmai a sollecitarli nell’assumere compiti di responsabilità. Allora, i giovani sono capaci di gesti e impegni di grande generosità e vigore sia spirituale che sociale. Don Bosco non si limitava ad accoglierli, ma si faceva carico delle loro necessità, come quella educativa e quella della loro professione.
Nell’Agorà del sociale, abbiamo fatto parlare direttamente i giovani, che hanno presentato le loro attese e difficoltà agli adulti e ai responsabili del mondo istituzionale, politico ed economico. Ora stiamo portando l’Agorà nei territori della diocesi, perché le varie componenti del mondo del lavoro e della società si rendano consapevoli che solo facendo rete è possibile affrontare i problemi dell’estesa disoccupazione giovanile che caratterizza il nostro territorio.
Affidiamo poi a Maria Ausiliatrice la crescente presenza di poveri nella nostra città. Essi rappresentano in questo momento i soggetti più deboli, per cui su di essi si concentra lo sforzo di tutta la diocesi. Sono in atto molteplici iniziative di accoglienza delle famiglie per la questione del lavoro, della salute e della casa; degli immigrati e dei rifugiati, sia adulti che minori; dei senza dimora, i quali restano purtroppo i più abbandonati a se stessi e verso i quali non si prendono provvedimenti concreti per migliorarne le condizioni di vita. L’incontro con loro sulla strada dove pernottano, nei dormitori per l’emergenza freddo e nelle mense, mi ha permesso di conoscerne molti e credo che un supplemento di umanità e di giustizia, da parte di tutti, potrebbe affrontare e risolvere tante delle loro condizioni di vita. I poveri stanno crescendo sempre più: le periferie esistenziali e geografiche delle nostre città non hanno superato l’abbandono che avevo denunziato a suo tempo, sia sul piano civile che culturale. Don Bosco, il Cottolengo, il Murialdo, la marchesa di Barolo ci insegnano che per dare risposte appropriate e permanenti bisogna “abitare” le periferie, nel senso di conoscere e incontrare le persone che le vivono. Se si sta in mezzo alla gente, si comprendono meglio le loro concrete possibilità, per cui bisogna sporcarsi mani e piedi lì dove la gente affronta giorno per giorno tante sofferenze e si sente scartata o poco ascoltata e, soprattutto, non vede la fine del tunnel di povertà che sta percorrendo.
Affidiamo infine a Maria Ausiliatrice la nostra città e la sua gente, perché sappiamo trovare insieme le vie più efficaci per sentirla come la nostra grande casa comune, di cui tutti e ciascuno abbiamo la responsabilità. C’è bisogno di ridare un’anima alla nostra città. Dice il Signore: «Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima?» (Mc 8,36). Nella prassi di questi ultimi decenni, nella nostra società sono prevalsi alcuni pseudo valori che hanno molto accentuato l’aspetto finanziario ed economico, a scapito dei valori veri e fondanti di ordine civile, culturale, spirituale ed etico. Quando una persona, una famiglia, un popolo perde la sua anima, fondata su questo patrimonio di valori che le generazioni precedenti hanno accumulato con sacrificio e hanno consegnato alle nuove, imbocca una strada che conduce a una crisi permanente, che non si arresta, perché si avvita su se stessa come una spirale soffocante. Allora, si assolutizzano l’idolo dell’individualismo, che ricerca solo i propri interessi e tornaconti, a scapito degli altri, e la ricerca del proprio benessere a scapito della solidarietà nei confronti dei più poveri.
Un tempo non lontano il nostro Paese era considerato un punto di riferimento proprio per la ricchezza e creatività della sua cultura, sia laica che religiosa, della sua tradizione, fondata sul rispetto di ogni persona, soggetto di diritti inalienabili e universali, insieme ai corrispondenti doveri etici e civili, da conservare e promuovere. Oggi tutto ciò sta venendo meno di fronte al primato del denaro e della vita comoda, che si vuole difendere ad oltranza anche contro chi chiede accoglienza e solidarietà, giustizia ed equità. La stessa realtà religiosa è stata inficiata da questa mentalità e prassi di vita, anche se, a piccoli passi, stiamo però assistendo a un grande movimento di opinione pubblica e di uomini e donne di buona volontà, che ribadiscono con fatti concreti il primato dello spirito e della ricerca – anche sul piano della fede – del dialogo con diverse realtà religiose e civili.
L’idea prevalente che, di fronte anche al terrorismo omicida, oltre alla condanna scontata basti continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto, come se quanto accade siano incidenti da dimenticare il più presto possibile, non ci induce a riflettere e a interrogarci su come reagire, cambiando e rinnovando il nostro stile di vita, per ricuperare quei valori non commerciali e non redditizi, in termini di denaro o di benessere, che lo sono però in cultura, spiritualità ed etica, anche sociale oltre che individuale. Tutto ciò darebbe sempre più forza e farebbe breccia anche nell’animo di tanti giovani, delusi e alla ricerca di motivazioni e ideali forti e in grado di dare alla loro vita un senso meno superficiale e basato solo sul benessere materiale e sullo sballo, che producono alla fine soltanto noia e rifiuto di ogni responsabilità, disimpegno e chiusura in se stessi e in un mondo virtuale o creato apposta dalle tante forme di dipendenze che spopolano e promettono felicità a buon mercato.
Compito della Chiesa, ma anche di ogni ambito e realtà educativa, compresi i mass media, è di promuovere un’alleanza per favorire linee comuni di indirizzo, che riportino in primo piano la considerazione e l’accoglienza di stili di vita basati su valori interiori, civili e spirituali, per ridare un’anima non solo ai singoli, ma alla società intera, all’ambiente comunitario in cui vivono le persone e alla cultura dell’incontro e del sostegno reciproco, che tiene conto dell’apporto di ciascuno al bene comune.
A te, Maria Ausiliatrice, che guardi i tuoi figli e figlie che a te ricorrono con fiducia, rivolgiamo la nostra preghiera, affinché, con la tua potente intercessione, possa sempre effondere su questa Città, sulla diocesi e sul loro territorio la benedizione del tuo Figlio e le grazie che egli vorrà concedere a quanti a te ricorrono, o Avvocata di misericordia e dolce Madre, aiuto dei cristiani.”
Cesare Nosiglia
>>> Prossimi appuntamenti di oggi, 24 Maggio 2018:
La Basilica sognata da don Bosco
/in Basilica, News /by admin4675Si segnala l’articolo a cura di Marina Lomunno pubblicato in data 24 Maggio 2018 su “Avvenire“:
Maria Ausiliatrice, ha 150 anni la Basilica sognata da don Bosco
Don Artime: aperti all’accoglienza dei giovani più fragili
Oggi è la festa liturgica di Maria Ausiliatrice, tra le celebrazioni religiose più partecipate dai torinesi che ogni anno, il 24 maggio, si uniscono idealmente alla Famiglia salesiana sparsa in 132 Paesi del pianeta, è particolarmente solenne: nelle Messe che da questa mattina alle 7 si susseguono ogni ora e questa sera, durante la processione con la statua della Vergine per le vie di Valdocco, viene ricordato il 150° di fondazione della Basilica di Maria Ausiliatrice. La chiesa, voluta da don Bosco in seguito al “celebre” sogno in cui la Madonna lo invitava a costruire a Valdocco “la sua casa” che divenne poi Casa Madre della Congregazione Salesiana e centro propulsore del metodo preventivo del santo dei giovani che la inaugurò e consacrò il 9 giugno 1868. E proprio sabato 9 giugno alle 10, in Basilica, con una Messa presieduta da monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, si concluderanno ufficialmente le celebrazioni per il 150°, un fitto calendario di incontri, tra cui la visita compiuta a Valdocco dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti dello scorso 9 marzo.
Stamani alle 11 è in programma la concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia con il rettor maggiore dei salesiani don Ángel Fernández Artime che alle 20.30 guideranno la processione. «La festa di Maria Ausiliatrice in quest’anno speciale – riflette don Enrico Stasi, ispettore dei salesiani del Piemonte e della Valle d’Aosta per noi salesiani è stata l’occasione per rivalutare i sogni di don Bosco a cui la Madonna, nella Torino dell’Ottocento, affidò in particolare la cura dei giovani più poveri, il nostro campo di lavoro. Sono i ragazzi e le ragazze a cui don Bosco dedicò tutta la vita e che oggi ci vengono riconsegnati, giovani che a Torino, oggi, in una città con un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 40% non è così lontana dalla realtà dove operava il nostro fondatore. C’è poi la dimensione ecclesiale: celebrare il culmine del 150° della fondazione della Basilica nei giorni in cui papa Francesco ha istituito la festa di Maria Madre della Chiesa stimola la famiglia salesiana a riappropriarsi del significato profondo della nostra fede mariana per ravvivare un nuovo impegno di carità che, sull’esempio dell’Ausiliatrice, si china sugli ultimi, su chi ha bisogno».
E i giorni della novena in preparazione alla festa nel 150° della Basilica sono stati caratterizzati da un altro “dono” speciale: la visita ispettoriale d’animazione del Rettor Maggiore don Artime alle opere e ai confratelli del Piemonte e della Valle D’Aosta: da Novara, per il 125° dell’Opera salesiana a Fossano per la benedizione del nuovo laboratorio di termoidraulica del Centro di Formazione professionale. E poi a Torino, a Valdocco per l’incontro con la Famiglia salesiana e i confratelli malati, nell’Opera San Paolo nel centenario di fondazione dove si accolgono minori stranieri non accompagnati e nella parrocchia salesiana del quartiere multietnico di San Salvario per l’apertura di un housing per giovani e l’inaugurazione di un nuovo laboratorio professionale per la riparazione di elettrodomestici rivolto ai neet, ragazzi che non studiano né lavorano. Il rettor maggiore nelle tappe della sua visita, richiamando l’invito alla concretezza e all’accoglienza che papa Francesco ha rivolto ai salesiani davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice il 21 giugno 2015 in occasione della visita a Torino per il Bicentenario di don Bosco, ha ripetuto: «Non è possibile dirsi cristiani e allo stesso tempo chiudere le porte. Non sono i politici a doverci dire cosa dobbiamo pensare sulle persone. Essere comunità cristiana e salesiana significa, in primo luogo, vivere con porte, mente e cuore aperti all’accoglienza delle diversità e dei giovani più fragili».
Di seguito, lo speciale su Maria Ausiliatrice che sarà in edicola Domenica 27 Maggio 2018 per La Voce E Il Tempo a firma di Gian Mario Ricciardi :
150 ANNI a Maria Ausiliatrice
È come immergersi in un mondo nuovo che non ha mai capovolto, come invece ha fatto la nostra società, i valori forti della vita. «…e il naufragar m’è dolce in questo mare». Il santuario di Maria Ausiliatrice brulica di gente; fuori finalmente il sole di una primavera bisbetica; sulla cupola quella statua dorata offre un abbraccio, universale ma discreto, nell’angolo delle meraviglie di Torino.
A poche centinaia di metri la Piccola Casa della Divina Provvidenza e il rondò della forca dove San Giuseppe Cafasso ha accompagnato tanti disperati; dietro la chiesa simboli, segni e case della grande famiglia ed avventura salesiana. La vita, la fede, il dono, la missione, l’impegno, la responsabilità. Penso ai cardini di una vita bella. Penso a tutti i Papi che ho inquadrato tra i banchi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco.
Rivedo gli arcivescovi che hanno guidato la sterminata processione del 24 maggio: Michele Pellegrino, Alberto Anastasio Ballestrero, Giovanni Saldarini, Severino Poletto, Cesare Nosiglia. Provo l’emozione di allora; sul sa-
grato le preghiere e i canti dolcissimi che trasformano per una sera Torino nella città della speranza.
Sì, perché, se ti fermi sotto un albero di corso Regina Margherita, vedi passare tutti i volti e le anime della città.
Maria Ausiliatrice, testimone silenziosa dei grandi momenti di una città difficile ma bella, complessa, laica, in questo spicchio di terra vicino alla Dora, ha visto camminare tanti santi e li vede ancora. Da fuori giungono le grida dei ragazzi dal cortile, luogo strategico per don Bosco: luogo di incontri, di confronto e di crescita. Mentre i politici, anche oggi, hanno lasciato lievitare la disoccupazione giovanile, lui, il santo giocoliere, andava a prendere i giovani in strada, come fanno ora i suoi. Ho un nodo in gola a ricordare quel prete, don Davide Durola, che ci ha rimesso la salute, dieci anni fa, per strappare dalle fogne i piccoli spacciatori di piazza Vittorio.
È cambiato il mondo; sono mutati i tempi, ma qui sono sempre un passo avanti. 1844: don Bosco, che sta ancora cercando una sede per il suo oratorio, sogna. «….vidi una chiesa piccola e bassa, un pò di cortile e giovani in gran numero..». Così la cappella Pinardi (la chiesa piccola), l’altra più grande ed infine Maria Ausiliatrice.
Sono passati 150 anni; ora è scrigno dei ricordi che stanno vicino a don Bosco, luce del futuro. Una chiesa nata dal coraggio di don Bosco e dalla sua grande devozione alla Madonna. La facciata richiama San Giorgio Maggiore a Venezia, del Palladio; sul campanile di destra l’arcangelo Gabriele, sull’altro l’arcangelo Michele, sul timpano le statue dei santi uccisi proprio qui; sull’attico San Massimo, primo vescovo di Torino, San Francesco di Sales e al centro, sotto il rosone, Gesù e i ragazzi.
Insomma, c’è tutto. E questo florilegio di messaggi e simboli ha seguito Torino sempre: nella miseria e nei drammi delle guerre, nel salvataggio degli ebrei al tempo delle leggi razziali, nei flussi delle grandi migrazioni (come oggi), nel consumismo e nella crisi.
Sì, Maria Ausiliatrice è un porto di terra. Da qui sono partiti i missionari per l’Argentina e 135 altre nazioni; da qui passano migliaia di salesiani impegnati sulle varie frontiere e nelle scuole, nei cinque continenti. Eppure, tutto è rimasto così semplice. C’è chi prega, chi aspetta di confessarsi, chi cerca un prete per confidargli le sofferenze della vita.
Ricordate i tre amori di don Bosco? La Madonna, l’eucarestia, l’amore al Papa. Ecco perché navigo in un mondo diverso mentre le auto e i bus, sul corso, sfrecciano veloci verso la periferia delle montagne olimpiche.
I social, l’ostentazione delle diversità, la famiglia naturale sgretolata, nessuna regola, nessun confine. Fuori, in strada, c’è questo.
Ma Maria Ausiliatrice e i cortili del Valdocco non sono affatto isole, anzi, ora sono un arcipelago che offre percorsi per trovare un lavoro con un mestiere in mano, come si diceva una volta; accoglie immigrati e li segue nell’inserimento nella società; ha per primo sperimentato le nuove figure che l’economia post crisi cerca. Quindi innovazione, fantasia, creatività e quel trovarsi a pregare il mattino, la sera e nelle ore più improbabili.
I «neet» cioè i giovani che né studiano né lavorano, con don Mergola a San Salvario, ripareranno lavatrici. Sono nella casa della Madre dei salesiani. Qui, don Bosco ha intrapreso la sua opera per e con i giovani, quelli di Torino prima, poi quelli del mondo. In Patagonia, a Rauwson, c’è un caseggiato che somiglia a quelli del Valdocco, c’è un cortile come questi. Una copia che hanno messo insieme donne e uomini partiti da qui. Incredibile, ma vero, perchè Rauwson è 430 chilometri a sud , verso la terra del fuoco, da Commodoro Rivadavia. Così in mille altre parti del mondo.
Eppure, chi giunge qui dal mondo, va ad inginocchiarsi davanti alla tomba di don Bosco e prega. Ora come 150
anni fa.. E per tutti ci sono le tappe di un pellegrinaggio reale e virtuale: l’ascolto della parola di Dio, la preghiera, la confessione, l’eucaristia, l’affidamento, una fede rinnovata, un impegno rafforzato. I salesiani e la Madonna, don Bosco e la Madonna: un rapporto forte e duraturo. Per costruirla si dovettero superare (come oggi) molte difficoltà. Venne consacrata il 9 giugno 1868. Da allora, lega in modo indissolubile il nome di don Bosco a quello dell’Ausiliatrice. La invocano «auxilium Christianorum»,«Aiuto dei cristiani». È così ma in realtà, incastonata com’è in questo ritaglio di terra così antico di Torino, è «aiuto a tutta la città». In un certo senso è l’altra Consolata: quello un santuario nel cuore della città storica, questa suggello di un’avventura incredibile e forse irripetibile, quella di un prete, i giovani e il mondo. «La Madonna dei tempi difficili», l’hanno chiamata così tante volte: quando imperversavano le bombe sulla città e chi poteva correva nei rifugi; quando le crisi ricorrenti e l’interminabile recessione hanno drenato persone e le loro anime. Forse è così. E la prova, ancora una volta, sta in quelle persone, uomini e donne che, col sole o con la pioggia, nella nebbia e nella canicola, varcano la soglia per portare il loro bagaglio di sofferenze, paure, ansie, drammi davanti alla Madonna che da sempre veglia sui ragazzi e sulle ragazze. Uno slancio di religiosità e spiritualità antica e nuova che la grande ventata di relativismo della fede non è riuscita a scalfire. E si vede: almeno 30-40 mila persone alla processione, la gente sui balconi; al passaggio della statua, c’è chi si fa il segno della croce, a volte sbagliandolo perché se l’era dimenticato. Maria Ausiliatrice, ricchezza e risorsa nei tempi del trionfo del cattivo gusto. E, non dimentichiamolo, è un santuario che presiede l’integrazione del grande esodo dall’Africa e dai paesi poveri. I primi immigrati sono venuti qui a Porta Palazzo, in via Cottolengo, a Borgo Dora: culture e religioni diverse che, gradualmente, si stanno integrando. Forse ne sa qualcosa anche lei, lassù, sulla cupola.
È un santuario locale e globale, glocal; è uno dei pochi che racchiude nelle sue navate le cappelle laterali, i quadri, i simboli del mondo e della sua terra. Quella suora, appena entrata, ci ricorda come «a perenne riconoscenza dei favori ricevuti» don Bosco fondò anche la congregazione delle figlie di Maria Ausiliatrice.
C’è, nella penombra della sera, un bellissimo quadro che mi colpisce, realizzato proprio 150 anni fa. Si vede Maria Ausiliatrice con lo scettro e in braccio il bambino, circondata dagli apostoli e dagli evangelisti, sospesa su una nuvola. Sullo sfondo, in basso, il santuario e l’oratorio: il cielo e la terra, la Madonna e l’oratorio.
Ecco, un secolo e mezzo dopo, stessa mission, profetica come il suono delle sue campane: inconfondibile.
Don Errico, il santuario come casa
Don Guido Errico, direttore della comunità Maria Ausiliatrice, «fotografa» il 2018.
Dopo 150 anni cos’è il santuario di Maria Ausiliatrice per i torinesi?
Esprime una tradizione mai interrotta di fede e devozione popolare. La presenza di questo tempio nel cuore della Città di Torino ricorda che, nel vortice della metropoli, tutti abbiamo bisogno di tornare a casa e di trovare una presenza accogliente.
I contatti, le presenze, la grandissima processione quale Torino esprimono, dopo la grande crisi che ha creato precari e poveri ma anche «desertificato» le anime?
La crisi nata, in gran parte, anche da speculazioni finanziare ci ha portato a diffidare gli uni degli altri considerando nemico il vicino. La basilica, con tutte le sue espressioni, manifesta il desiderio di comunità a cui tutti aneliamo, anche nel continuato impegno, avviato da Don Bosco, di servire i giovani poveri e le persone del ceto popolare.
Gli insegnamenti di don Bosco, il mondo salesiano, Valdocco luogo simbolo: tutti questi simboli come caratterizzano la spiritualità nel santuario?
È una realtà mondiale, un punto di riferimento per tutti quelli che, avendo conosciuto Don Bosco e i suoi insegnamenti, guardano al nostro santuario di Valdocco come il luogo dove si è realizzata la promessa di Dio di rendere il nostro santo vero padre e maestro dei giovani. Vediamo che questa aerea salesiana di Valdocco continua ad essere casa per tanti giovani torinesi e tanti altri pellegrini delle più diverse aree geografiche.
Chi bussa alla porta oggi?
I giovani, i consacrati della famiglia salesiana, le famiglie, le coppie che chiedono a San Domenico Savio il dono di un figlio e affidano a lui il quotidiano impegno educativo, i tanti educatori, laici e consacrati, che cercano sostegno e incoraggiamento. Bussano, inoltre, i poveri, chi è in cerca di lavoro, chi desidera sposarsi ma è frenato da difficoltà economiche, i giovani in cerca della propria vocazione e i nonni che chiedono forza per rimanere fedeli all’impegno di educare alla fede i propri nipoti. Un popolo intero, insomma.
La Basilica sognata da don Bosco
/in Basilica en, News en /by admin4675Si segnala l’articolo a cura di Marina Lomunno pubblicato in data 24 Maggio 2018 su “Avvenire“:
Maria Ausiliatrice, ha 150 anni la Basilica sognata da don Bosco
Don Artime: aperti all’accoglienza dei giovani più fragili
Oggi è la festa liturgica di Maria Ausiliatrice, tra le celebrazioni religiose più partecipate dai torinesi che ogni anno, il 24 maggio, si uniscono idealmente alla Famiglia salesiana sparsa in 132 Paesi del pianeta, è particolarmente solenne: nelle Messe che da questa mattina alle 7 si susseguono ogni ora e questa sera, durante la processione con la statua della Vergine per le vie di Valdocco, viene ricordato il 150° di fondazione della Basilica di Maria Ausiliatrice. La chiesa, voluta da don Bosco in seguito al “celebre” sogno in cui la Madonna lo invitava a costruire a Valdocco “la sua casa” che divenne poi Casa Madre della Congregazione Salesiana e centro propulsore del metodo preventivo del santo dei giovani che la inaugurò e consacrò il 9 giugno 1868. E proprio sabato 9 giugno alle 10, in Basilica, con una Messa presieduta da monsignor Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, si concluderanno ufficialmente le celebrazioni per il 150°, un fitto calendario di incontri, tra cui la visita compiuta a Valdocco dal presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti dello scorso 9 marzo.
Stamani alle 11 è in programma la concelebrazione presieduta dall’arcivescovo di Torino monsignor Cesare Nosiglia con il rettor maggiore dei salesiani don Ángel Fernández Artime che alle 20.30 guideranno la processione. «La festa di Maria Ausiliatrice in quest’anno speciale – riflette don Enrico Stasi, ispettore dei salesiani del Piemonte e della Valle d’Aosta per noi salesiani è stata l’occasione per rivalutare i sogni di don Bosco a cui la Madonna, nella Torino dell’Ottocento, affidò in particolare la cura dei giovani più poveri, il nostro campo di lavoro. Sono i ragazzi e le ragazze a cui don Bosco dedicò tutta la vita e che oggi ci vengono riconsegnati, giovani che a Torino, oggi, in una città con un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 40% non è così lontana dalla realtà dove operava il nostro fondatore. C’è poi la dimensione ecclesiale: celebrare il culmine del 150° della fondazione della Basilica nei giorni in cui papa Francesco ha istituito la festa di Maria Madre della Chiesa stimola la famiglia salesiana a riappropriarsi del significato profondo della nostra fede mariana per ravvivare un nuovo impegno di carità che, sull’esempio dell’Ausiliatrice, si china sugli ultimi, su chi ha bisogno».
E i giorni della novena in preparazione alla festa nel 150° della Basilica sono stati caratterizzati da un altro “dono” speciale: la visita ispettoriale d’animazione del Rettor Maggiore don Artime alle opere e ai confratelli del Piemonte e della Valle D’Aosta: da Novara, per il 125° dell’Opera salesiana a Fossano per la benedizione del nuovo laboratorio di termoidraulica del Centro di Formazione professionale. E poi a Torino, a Valdocco per l’incontro con la Famiglia salesiana e i confratelli malati, nell’Opera San Paolo nel centenario di fondazione dove si accolgono minori stranieri non accompagnati e nella parrocchia salesiana del quartiere multietnico di San Salvario per l’apertura di un housing per giovani e l’inaugurazione di un nuovo laboratorio professionale per la riparazione di elettrodomestici rivolto ai neet, ragazzi che non studiano né lavorano. Il rettor maggiore nelle tappe della sua visita, richiamando l’invito alla concretezza e all’accoglienza che papa Francesco ha rivolto ai salesiani davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice il 21 giugno 2015 in occasione della visita a Torino per il Bicentenario di don Bosco, ha ripetuto: «Non è possibile dirsi cristiani e allo stesso tempo chiudere le porte. Non sono i politici a doverci dire cosa dobbiamo pensare sulle persone. Essere comunità cristiana e salesiana significa, in primo luogo, vivere con porte, mente e cuore aperti all’accoglienza delle diversità e dei giovani più fragili».
Di seguito, lo speciale su Maria Ausiliatrice che sarà in edicola Domenica 27 Maggio 2018 per La Voce E Il Tempo a firma di Gian Mario Ricciardi :
150 ANNI a Maria Ausiliatrice
È come immergersi in un mondo nuovo che non ha mai capovolto, come invece ha fatto la nostra società, i valori forti della vita. «…e il naufragar m’è dolce in questo mare». Il santuario di Maria Ausiliatrice brulica di gente; fuori finalmente il sole di una primavera bisbetica; sulla cupola quella statua dorata offre un abbraccio, universale ma discreto, nell’angolo delle meraviglie di Torino.
A poche centinaia di metri la Piccola Casa della Divina Provvidenza e il rondò della forca dove San Giuseppe Cafasso ha accompagnato tanti disperati; dietro la chiesa simboli, segni e case della grande famiglia ed avventura salesiana. La vita, la fede, il dono, la missione, l’impegno, la responsabilità. Penso ai cardini di una vita bella. Penso a tutti i Papi che ho inquadrato tra i banchi: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco.
Rivedo gli arcivescovi che hanno guidato la sterminata processione del 24 maggio: Michele Pellegrino, Alberto Anastasio Ballestrero, Giovanni Saldarini, Severino Poletto, Cesare Nosiglia. Provo l’emozione di allora; sul sa-
grato le preghiere e i canti dolcissimi che trasformano per una sera Torino nella città della speranza.
Sì, perché, se ti fermi sotto un albero di corso Regina Margherita, vedi passare tutti i volti e le anime della città.
Maria Ausiliatrice, testimone silenziosa dei grandi momenti di una città difficile ma bella, complessa, laica, in questo spicchio di terra vicino alla Dora, ha visto camminare tanti santi e li vede ancora. Da fuori giungono le grida dei ragazzi dal cortile, luogo strategico per don Bosco: luogo di incontri, di confronto e di crescita. Mentre i politici, anche oggi, hanno lasciato lievitare la disoccupazione giovanile, lui, il santo giocoliere, andava a prendere i giovani in strada, come fanno ora i suoi. Ho un nodo in gola a ricordare quel prete, don Davide Durola, che ci ha rimesso la salute, dieci anni fa, per strappare dalle fogne i piccoli spacciatori di piazza Vittorio.
È cambiato il mondo; sono mutati i tempi, ma qui sono sempre un passo avanti. 1844: don Bosco, che sta ancora cercando una sede per il suo oratorio, sogna. «….vidi una chiesa piccola e bassa, un pò di cortile e giovani in gran numero..». Così la cappella Pinardi (la chiesa piccola), l’altra più grande ed infine Maria Ausiliatrice.
Sono passati 150 anni; ora è scrigno dei ricordi che stanno vicino a don Bosco, luce del futuro. Una chiesa nata dal coraggio di don Bosco e dalla sua grande devozione alla Madonna. La facciata richiama San Giorgio Maggiore a Venezia, del Palladio; sul campanile di destra l’arcangelo Gabriele, sull’altro l’arcangelo Michele, sul timpano le statue dei santi uccisi proprio qui; sull’attico San Massimo, primo vescovo di Torino, San Francesco di Sales e al centro, sotto il rosone, Gesù e i ragazzi.
Insomma, c’è tutto. E questo florilegio di messaggi e simboli ha seguito Torino sempre: nella miseria e nei drammi delle guerre, nel salvataggio degli ebrei al tempo delle leggi razziali, nei flussi delle grandi migrazioni (come oggi), nel consumismo e nella crisi.
Sì, Maria Ausiliatrice è un porto di terra. Da qui sono partiti i missionari per l’Argentina e 135 altre nazioni; da qui passano migliaia di salesiani impegnati sulle varie frontiere e nelle scuole, nei cinque continenti. Eppure, tutto è rimasto così semplice. C’è chi prega, chi aspetta di confessarsi, chi cerca un prete per confidargli le sofferenze della vita.
Ricordate i tre amori di don Bosco? La Madonna, l’eucarestia, l’amore al Papa. Ecco perché navigo in un mondo diverso mentre le auto e i bus, sul corso, sfrecciano veloci verso la periferia delle montagne olimpiche.
I social, l’ostentazione delle diversità, la famiglia naturale sgretolata, nessuna regola, nessun confine. Fuori, in strada, c’è questo.
Ma Maria Ausiliatrice e i cortili del Valdocco non sono affatto isole, anzi, ora sono un arcipelago che offre percorsi per trovare un lavoro con un mestiere in mano, come si diceva una volta; accoglie immigrati e li segue nell’inserimento nella società; ha per primo sperimentato le nuove figure che l’economia post crisi cerca. Quindi innovazione, fantasia, creatività e quel trovarsi a pregare il mattino, la sera e nelle ore più improbabili.
I «neet» cioè i giovani che né studiano né lavorano, con don Mergola a San Salvario, ripareranno lavatrici. Sono nella casa della Madre dei salesiani. Qui, don Bosco ha intrapreso la sua opera per e con i giovani, quelli di Torino prima, poi quelli del mondo. In Patagonia, a Rauwson, c’è un caseggiato che somiglia a quelli del Valdocco, c’è un cortile come questi. Una copia che hanno messo insieme donne e uomini partiti da qui. Incredibile, ma vero, perchè Rauwson è 430 chilometri a sud , verso la terra del fuoco, da Commodoro Rivadavia. Così in mille altre parti del mondo.
Eppure, chi giunge qui dal mondo, va ad inginocchiarsi davanti alla tomba di don Bosco e prega. Ora come 150
anni fa.. E per tutti ci sono le tappe di un pellegrinaggio reale e virtuale: l’ascolto della parola di Dio, la preghiera, la confessione, l’eucaristia, l’affidamento, una fede rinnovata, un impegno rafforzato. I salesiani e la Madonna, don Bosco e la Madonna: un rapporto forte e duraturo. Per costruirla si dovettero superare (come oggi) molte difficoltà. Venne consacrata il 9 giugno 1868. Da allora, lega in modo indissolubile il nome di don Bosco a quello dell’Ausiliatrice. La invocano «auxilium Christianorum»,«Aiuto dei cristiani». È così ma in realtà, incastonata com’è in questo ritaglio di terra così antico di Torino, è «aiuto a tutta la città». In un certo senso è l’altra Consolata: quello un santuario nel cuore della città storica, questa suggello di un’avventura incredibile e forse irripetibile, quella di un prete, i giovani e il mondo. «La Madonna dei tempi difficili», l’hanno chiamata così tante volte: quando imperversavano le bombe sulla città e chi poteva correva nei rifugi; quando le crisi ricorrenti e l’interminabile recessione hanno drenato persone e le loro anime. Forse è così. E la prova, ancora una volta, sta in quelle persone, uomini e donne che, col sole o con la pioggia, nella nebbia e nella canicola, varcano la soglia per portare il loro bagaglio di sofferenze, paure, ansie, drammi davanti alla Madonna che da sempre veglia sui ragazzi e sulle ragazze. Uno slancio di religiosità e spiritualità antica e nuova che la grande ventata di relativismo della fede non è riuscita a scalfire. E si vede: almeno 30-40 mila persone alla processione, la gente sui balconi; al passaggio della statua, c’è chi si fa il segno della croce, a volte sbagliandolo perché se l’era dimenticato. Maria Ausiliatrice, ricchezza e risorsa nei tempi del trionfo del cattivo gusto. E, non dimentichiamolo, è un santuario che presiede l’integrazione del grande esodo dall’Africa e dai paesi poveri. I primi immigrati sono venuti qui a Porta Palazzo, in via Cottolengo, a Borgo Dora: culture e religioni diverse che, gradualmente, si stanno integrando. Forse ne sa qualcosa anche lei, lassù, sulla cupola.
È un santuario locale e globale, glocal; è uno dei pochi che racchiude nelle sue navate le cappelle laterali, i quadri, i simboli del mondo e della sua terra. Quella suora, appena entrata, ci ricorda come «a perenne riconoscenza dei favori ricevuti» don Bosco fondò anche la congregazione delle figlie di Maria Ausiliatrice.
C’è, nella penombra della sera, un bellissimo quadro che mi colpisce, realizzato proprio 150 anni fa. Si vede Maria Ausiliatrice con lo scettro e in braccio il bambino, circondata dagli apostoli e dagli evangelisti, sospesa su una nuvola. Sullo sfondo, in basso, il santuario e l’oratorio: il cielo e la terra, la Madonna e l’oratorio.
Ecco, un secolo e mezzo dopo, stessa mission, profetica come il suono delle sue campane: inconfondibile.
Don Errico, il santuario come casa
Don Guido Errico, direttore della comunità Maria Ausiliatrice, «fotografa» il 2018.
Dopo 150 anni cos’è il santuario di Maria Ausiliatrice per i torinesi?
Esprime una tradizione mai interrotta di fede e devozione popolare. La presenza di questo tempio nel cuore della Città di Torino ricorda che, nel vortice della metropoli, tutti abbiamo bisogno di tornare a casa e di trovare una presenza accogliente.
I contatti, le presenze, la grandissima processione quale Torino esprimono, dopo la grande crisi che ha creato precari e poveri ma anche «desertificato» le anime?
La crisi nata, in gran parte, anche da speculazioni finanziare ci ha portato a diffidare gli uni degli altri considerando nemico il vicino. La basilica, con tutte le sue espressioni, manifesta il desiderio di comunità a cui tutti aneliamo, anche nel continuato impegno, avviato da Don Bosco, di servire i giovani poveri e le persone del ceto popolare.
Gli insegnamenti di don Bosco, il mondo salesiano, Valdocco luogo simbolo: tutti questi simboli come caratterizzano la spiritualità nel santuario?
È una realtà mondiale, un punto di riferimento per tutti quelli che, avendo conosciuto Don Bosco e i suoi insegnamenti, guardano al nostro santuario di Valdocco come il luogo dove si è realizzata la promessa di Dio di rendere il nostro santo vero padre e maestro dei giovani. Vediamo che questa aerea salesiana di Valdocco continua ad essere casa per tanti giovani torinesi e tanti altri pellegrini delle più diverse aree geografiche.
Chi bussa alla porta oggi?
I giovani, i consacrati della famiglia salesiana, le famiglie, le coppie che chiedono a San Domenico Savio il dono di un figlio e affidano a lui il quotidiano impegno educativo, i tanti educatori, laici e consacrati, che cercano sostegno e incoraggiamento. Bussano, inoltre, i poveri, chi è in cerca di lavoro, chi desidera sposarsi ma è frenato da difficoltà economiche, i giovani in cerca della propria vocazione e i nonni che chiedono forza per rimanere fedeli all’impegno di educare alla fede i propri nipoti. Un popolo intero, insomma.