Si riporta di seguito l’omelia del Venerdì Santo 2020 a cura di don Guido Errico, Rettore della Basilica di Maria Ausiliatrice di Torino – Valdocco.
Caro Ponzio Pilato,
mi rivolgo a te in questa solenne liturgia del venerdì santo. Ho scelto di scriverti anche per restare nei tempi destinati a questa diretta. Mi fido dell’evangelista Giovanni che continua a dire: Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». A te è sembrato di dare compimento al tuo ruolo giudiziale; hai dovuto affrontare anche la contestazione dei sacerdoti che avrebbero preferito un altro testo. Ma tu non hai ceduto, dovevi fare in fretta e hai riferito di questo condannato ciò che altri avevano detto di lui. Eppure lo avevi incontrato e dialogato con lui. Forse, hai avuto anche per pochi istanti la possibilità di incrociare il suo sguardo. Il tuo ruolo, le circostanze, le opportunità politiche ti hanno trattenuto e sei stato capace solo di descrivere. Anche nel pretorio c’erano alcuni che, con affetto e compassione, avrebbero potuto descrivere ciò che tu vedevi ma sono andati oltre e hanno interpretato, abbracciando la vera identità di quel condannato del quale sei stato capace di dire “Ecce homo”. Ecco il binomio che oggi ci viene consegnato: descrivere e interpretare. Descrivere la pandemia, i decessi, le innumerevoli fatiche e sofferenze di questi giorni, l’incertezza per il futuro, il martirio silenzioso di tanti, le bestemmie di altri, la carità cresciuta a dismisura. Interpretare questo tempo o almeno cercare di rispondere alle domande di tutti. Perché? Dove è Dio? Che senso ha il dolore innocente? Cosa dice questo tempo alla Chiesa? Quali priorità devono essere alla base dei rapporti di fraternità tra tutti gli uomini?
Le testimonianze dei reclusi che ascolteremo nella via crucis del Papa di questa sera ci ricorderanno che anche nelle zone più buie della nostra vita è possibile accogliere una luce nuova, di pace, di speranza e di lode.
Questa luce, caro Ponzio Pilato, non possiamo darcela da soli ma possiamo cercarla ed invocarla da Colui dinanzi al quale ti sei lavato le mani e alla cui custodia del sepolcro hai inviato invano alcuni soldati. Domani, se ti sarà possibile, cerca di unirti a noi nella preghiera che vivremo dinanzi alla Sindone, testimonianza del martirio a cui si è consegnato il Figlio di Dio.
Ai carissimi amici che siete collegati con noi per questa celebrazione, a tutta la famiglia salesiana del mondo, in comunione con il Rettor Maggiore, a tutti coloro che guardano a questa basilica di Maria Ausiliatrice di Torino con particolare affetto e devozione, a tutti i giovani del mondo rivolgo l’invito ad aprire bene gli occhi per interpretare correttamente, secondo il pensiero di Dio. A rendere la nostra casa una vera casa madre, come questo santuario nel quale stiamo celebrando perché dove si accoglie Dio si genera nuova vita, come anche sta avvenendo nei tanti luoghi di cura dove è presente una parola di conforto accanto agli ammalati e ai moribondi. Pilato ha scelto di rendere la sua casa una casa-tomba dichiarando, ancora una volta, dinanzi alla sua incredulità “Quel che ho scritto, ho scritto”.
Carissimi, c’è una parola di speranza anche per noi tutti se invocheremo il nome di Gesù sulla nostra poca fede e sul timore di questi giorni.
Caro Ponzio Pilato, se ti è possibile, passa da qui. Alcuni di quelli che sono morti per il nome di Gesù, nel tempo del tuo governo, ora fanno corona a Colei che è invocata Madre della Chiesa e Aiuto dei cristiani.